Incendi devastanti in Amazzonia
Mi ha indotto a scrivere un malessere che cova muto dentro il mio animo, da giorni, da settimane.
Per questo, infine, ho ceduto alla tentazione, correndo il rischio di parlare di cose ovvie, scontate o, peggio, ridondanti.
Lo faccio per sollevare il peso che grava, silenziosamente, nel mio cuore, confidando nel sollievo della condivisione, che sempre lenisce in qualche misura le nostre angosce. E lo faccio per parlare, brevemente, di Taigà, di Amazonas e di Gran Canaria. In altre parole, per parlare degli incendi devastanti e dunque dell’Apocalisse non ancora adeguatamente compresa e denunciata, che sta sconvolgendo il Pianeta in questo triste 2019.
Ma lo faccio, al tempo stesso, con la consapevolezza che saranno pochissimi a condividere pienamente il mio sentire; semplicemente perché pochissimi sono coloro che, essendo dotati di adeguate conoscenze naturalistiche, sono in grado di comprendere l’effettiva dimensione della tragedia planetaria in atto.
La gente, la gente comune italiana, quella che i sondaggi ci dicono, settimanalmente, che voterà in certa misura per la Lega, per il M5S o per il PD, sembra infatti non curarsi più di tanto di eventi che sono infinitamente più importanti, per il suo futuro, dei destini della mediocre politica nazionale. E se se ne occupa, pensa semplicemente che stia andando in fumo qualche decina o qualche centinaio
di milioni di alberi e che il problema sia semplicemente quello dell’incremento dell’anidride carbonica nella bassa atmosfera.
Beata ignoranza. Grande guida del genere umano, essa lo mette infatti costantemente al riparo dal comprendere l’entità delle sue colpe e l’irreversibile dimensione dei guasti che egli determina al Pianeta vivente, evitandogli di impegnarsi per cercare e trovare soluzioni adeguate. Una ignoranza scientifica grassa e subalterna alla cultura umanistica e religiosa, che quando c’è è comunque un limite grave, essendo che pone l’uomo al centro dell’Universo, lo identifica come “figlio di dio, fatto a sua immagine e somiglianza” e gli mette a disposizione tutte le risorse del Pianeta, senza limite alcuno.
Eppure non dovrebbe essere difficile comprendere che con la Taigà siberiana, con le foreste canariensi e con la leggendaria Amazzonia, sta andando in fumo il futuro nostro e delle generazioni umane che verranno. Che sta andando in fumo la vivibilità di questo pianeta e, soprattutto, l’inestimabile e irripetibile patrimonio genetico elaborato dal Sistema vivente per decine di milioni di anni e garanzia di continuità della vita sullo stesso Pianeta Terra. Un patrimonio in larga parte ancora inesplorato per la scienza dell’uomo, che si vanta con stupida supponenza, di progettare l’invio di esseri umani su Marte nel prossimo futuro.
Ma ciò che sconvolge è che tutto questo, che questo mandare in fumo il più inestimabile dei tesori, è dovuto all’indifferenza di padroni distratti da altri affari, come nel caso della Russia capital-populista di Putin. Oppure alla connivenza criminale con gli “allevatori di bistecche” del Brasile capital-nazista di Bolsonaro. Il tutto in silenziosa e indifferente combutta con il capitalismo feroce
delle multinazionali, siano esse a matrice USA, canadese o cinese.
Perché la scimmia umana, lo scimmione stupido e obeso che ormai siamo – e pensare che in origine eravamo un primate della classe ponderale dei 50 kg – è una inveterato consumatore di carne, di bistecche al sangue, di fiorentine, di cosciotti, di lombate e quant’altro. E questo consumo smodato e dannoso alla nostra salute, fa pagare un prezzo elevatissimo al Pianeta vivente.
Che dire, a questo punto della mia personalissima e, spero condivisa, lamentazione. Dico che è semplicemente indispensabile fermarli; e che si deve farlo con i comportamenti quotidiani, con la denuncia, con la divulgazione culturale, con le scelte politiche, con la partecipazione. In altre parole, con gli strumenti della Democrazia, che per quanto scalcinata, per quanto deformata, per quanto controllata e indirizzata dai poteri economici forti, dalle multinazionali della chimica, dell’energia e delle materie prime, è pur sempre il miglior strumento di cui disponiamo.
Le rivoluzioni, quelle portate fino in fondo, con esiti spesso tragici per interi popoli, rimangono certo una tentazione, ma soltanto per i poveri del Pianeta, per i disperati. I ricchi e dunque noi, sanno bene che, purtroppo, esse non portano da nessuna parte, perché finiscono per vincere sempre i più forti economicamente e che il Che Guevara è soltanto un santo martire da pregare.